di Don Backy
Ecco alcune riflessioni sull’uso della lingua italiana nei testi delle canzoni
Ho sempre cercato attraverso i testi delle canzoni, dei libri che ho scritto, o della semplice parola parlata, di usare – nella maniera più corretta possibile- la mia beneamata lingua italiana. Ho tentato di applicare quanto ho imparato a scuola (anche se non l’ho troppo frequentata), proponendomi di non indulgere assolutamente in inglesizzazioni, francesismi o esterofilie in generale e cercando di usare un vocabolario il più semplice possibile, che fosse capace – senza pertanto essere banale – di arrivare al colto e all’inclita. Fa parte della mia natura un pò donchisciottesca, di andare contro i mulini a vento di questa modaccia, che sta inquinando il nostro linguaggio e la nostra cultura. Un conto infatti è una lingua straniera – studiata sui banchi di scuola o nei corsi specializzati – l’apprendimento della quale porterà senz’altro vantaggi, un altro è l’inserimento tendenzioso di vocaboli stranieri nel nostro linguaggio quotidiano. Mi si dirà che i tempi sono cambiati e che in Europa unita e in un prossimo mondo globalizzato, non si dovrà più badare a queste sottigliezze e di lasciare che le nuove generazioni – così come abbiamo fatto noi – si amministrino da sole, tanto le cose vanno avanti lo stesso. Forse è giusto. Io però – nella mia qualità di fantasioso – ho voluto immaginare che dietro questo tipo di operazione (americanizzazione becera del linguaggio) ci sia una vera e propria volontà egemonica. E’ – infatti – una caratteristica della cultura americana (espressa attraverso il cinema, la musica ecc., della quale comunque sono ammiratore), di avanzare in maniera suadente, come un blob melmoso, che amalgama e ingloba tutto quel che tocca – travolgendo prima di tutto i giovani, i quali ancora non hanno acquisito una personalità decisa e – soprattutto – un amor patrio per tutto ciò che ci e li rappresenta. Ecco quindi che per attrarre questi potenziali nuovi consumatori, le teste di ponte interessate creano loro la falsa illusione di quanto sia più moderno e all’avanguardia, se si frequentano i Pub invece che i Caffè, se si va a fare il Lunch o il Branche al Fast o Slow food, invece che il pranzo a casa oppure al Ristorante o in Trattoria. Migliaia di parole hanno invaso la nostra lingua, contaminandola. E uno dei traini principali è proprio la musica leggera che arriva d’oltre oceano. Certo, l’inglese sarà la lingua del futuro e molti dovranno impararla per non restare al passo. Ma questo non ha niente a che vedere con l’inquinamento cafone, improprio e improvvisato, della nostra madre lingua. A mio fantasioso parere, si tratta di un vero e proprio disegno di una nazione potente per conquistare il mondo e renderlo un mercato da sfruttare in maniera – apparentemente – incruenta. Come è mio costume ormai, riprenderò il concetto nel prossimo numero.
RadiocorriereTV n° 4 23/1/01